Position Paper 2
PATTI PER L’IMPRENDITORIA CIVILE
CURATORI:
MARTA SIMONI | EDOARDO BARBAROSSA | ROBERTO ROSSINI | AGOSTINO MIGLIORINI
Quasi tutti gli osservatori economici sono unanimi nel prevedere che la crisi economica e sociale che seguirà a questa emergenza sanitaria sarà anche 5 volte superiore alla grande crisi del 2008 e del 2009 da cui ancora l’Italia non era uscita. Si prevede una perdita complessiva di Pil italiano di oltre il 10%. A differenza della crisi finanziaria non ci troviamo di fronte alle conseguenze di una evidente colpa del turbocapitalismo, ma ad uno shock che mette comunque in discussione l’intero sistema economico.
Come ha spiegato il presidente del Consiglio Conte nel presentare il Dpcm del 10 aprile, il dopo dovrà essere centrato non solo sulla “ripresa”, ma sulla concreta ricerca di “nuovi modelli economici” che tengano conto anche della presenza di shock come quelli provocati da una pandemia, che sappiamo possono ripetersi ancora. Pensiamo agli shock che potranno ripetersi di fronte agli sconvolgimenti ambientali ed ai disastri ecologici annunciati da fonti autorevoli delle scienze mondiali.
Di fronte a questa acclarata ipotesi di essere sottoposti in futuro a cicli di shock come quello odierno, non basteranno i sistemi tradizionali di welfare fino ad oggi conosciuti ed applicati per governare e guidare la ripresa.
Se gli effetti della crisi economica del 2009 hanno portato l’Italia a raggiungere cifre spaventose di povertà assoluta e relativa (5 milioni di poveri assoluti secondo l’Istat nel 2018, pari all’8% della popolazione complessiva, e 9 milioni di italiani in povertà relativa), quello che ci aspetta all’orizzonte è certamente uno sconvolgimento superiore alle nostre forze, se per “forze” intendiamo la capacità economica di far fronte con fondi pubblici alla diffusa mancanza di reddito. Uno degli effetti più evidenti dell’emergenza provocata dal Coronavirus è l’impoverimento generale della popolazione: il tasso di povertà continua a crescere,
peraltro con parametri del tutto diversi da quelli tradizionali, poiché i nuovi poveri sono persone che fino a un mese fa avevano un reddito da lavoro. Secondo uno studio della Banca d’Italia fino a 260mila famiglie potrebbero cadere in povertà se l’emergenza durasse due mesi. Numero destinato a salire a 360mila se la pandemia dovesse prolungarsi.
Di fronte a questi numeri che prefigurano una vera e propria frana sociale, è urgente intervenire con dei muri di contenimento. Anche se dopo la grande crisi l’Italia si è finalmente dotata dei suoi primi dispositivi normativi per il contrasto all’indigenza — prima con il Sia (il Sistema di Inclusione Attiva), poi con il Rei (il Reddito di Inclusione) ed infine con il Reddito di Cittadinanza — le crescenti difficoltà economiche della popolazione in seguito al lockdown hanno richiesto poderosi interventi da parte del governo che, pur dando una boccata d’ossigeno a chi da un giorno all’altro si è ritrovato senza lavoro, purtroppo non sono esaustivi. Nello scenario attuale abbiamo, infatti, tre grandi strumenti, non necessariamente alternativi, di sostegno al reddito delle famiglie e dei lavoratori: gli ammortizzatori sociali che sono andati in deroga anche per le piccole imprese e tutelano tutta la platea del lavoro dipendente, anche temporaneo o part-time (è importante sottolineare che da questo punto di vista sono stati fatti notevoli passi in avanti verso l’universalità degli aiuti ai lavoratori); l’una tantum da 600 euro per il lavoro autonomo e parasubordinato; il Reddito di Cittadinanza a favore delle persone in povertà assoluta. Tre misure fondamentali, ma che da sole non riescono a coprire al 100% la platea dei lavoratori. Rimangono fuori da qualunque copertura assicurativa, volta al mantenimento dell’abituale reddito da lavoro, o assistenziale di supporto al reddito familiare alcune categorie di lavoratori che, seppure “residuali” rappresentano un numero significativo di persone.
Si tratta di una platea molto variegata di lavoratori senza più alcuna fonte di reddito.
È, dunque, urgente trovare delle risposte rapide e immediate a tutte queste situazioni, che garantiscano la tenuta sociale del Paese, ma è altrettanto importante provare a superare questi interventi emergenziali, non sostenibili economicamente nel lungo periodo. In questa fase tutto è possibile, prima che si ricostruisca una nuova “normalità”. Per questo è importante che anche nella fase di gestione dell’emergenza lo sguardo sia rivolto al futuro.
La proposta è che parte dell’intervento pubblico, anche all’interno di misure già esistenti, venga destinato ad interventi capaci di generare e mettere in circolo nuove risorse.
Riteniamo pertanto urgente che un nuovo modello di welfare sia innestato all’interno di nuovi paradigmi economici e che al tempo stesso nuovi modelli economici inneschino nuovi paradigmi di welfare.
I cardini di questi cambiamenti possono essere riassunti in quattro direttrici:
1. centralità del luogo. Una nuova economia, capace di essere al tempo stessa inclusiva ed ecologica, deve avere al suo interno una forte adesione al concetto di “luogo” come comunità in cui è possibile costruire i legami (il bonding) e l’identità (il linking). L’orizzonte di ogni nuova economia deve provocare e valorizzare i “contesti collaborativi” che sono diffusi nei luoghi ad alta intensità relazione;
2. centralità della persona sul lucro. Una nuova economia deve essere sostenuta con sistemi pubblici di welfare nella misura in cui si sottopone ad essere “rendicontata” nella sua capacità di distribuire vantaggi cooperativi alle persone ed ai territori prima ancora che essere misurata nella sua capacità di produrre lucro o profitto in sé, attraverso gli indicatori del Benessere Equo e Sostenibile dello Stato e dello S-Roi, il Ritorno Sociale sull’Investimento pubblico, accanto a quelli del Pil;
3. centralità del legame sull’individualismo. Il welfare tradizionale si è basato sui sistemi di protezione sociale e sanitaria e ha applicato un sistema rigido di prestazioni che ha avuto il compito di includere i singoli vulnerabili, suddivisi per categorie (anziani, disabili, migranti, disoccupati, detenuti, tossicodipendenti, pensionati), in sistemi rigidi di presa in carico.
Il welfare che ha funzionato di più dagli anni ’70 in poi è notoriamente quello che ha generato nuove sinergie locali in cui la risposta al bisogno di un singolo è divenuta risposta al bisogno di una comunità e viceversa.
4. riduzione della disuguaglianza. Un welfare che non è in grado di accorciare le distanze della forbice tra i più ricchi ed i più vulnerabili non è un buon welfare. Continuare a “somministrare” prestazioni di welfare in questa logica separatista dello stato sociale comporta un lento scivolamento verso un’inconsapevole e colposa protezione dell’agio dal disagio perdendo il welfare anche il suo fondamento originario minimo di rispondere ad esigenze di “solidarietà sociale”.
Le proposte
Lo shock economico comporterà un sistema recessivo in cui i cassintegrati ed i disoccupati di questi giorni, come anche gli artigiani ed i liberi professionisti, avranno difficoltà a reinserirsi nel tempo breve. Gli ingenti sforzi per garantire il credito alle imprese comporteranno di per sé nuovi sforzi di indebitamento, anche leggero, a classi di lavoratori e di imprenditori già deboli e costituiranno notevoli vantaggi competitivi a soggetti forti dal punto di vista dell’esposizione finanziaria e della possibilità di riconvertire il proprio core business o delocalizzare nel breve-medio termine i propri sistemi aziendali. Come sempre è accaduto in Italia e nella cultura turbocapitalistica
in genere: i più forti saranno in grado di sfruttare gli importanti fondi di garanzia di cui oggi godranno e sapranno anche raggiungere risultati economici importanti, utilizzando bene le risposte straordinarie governative alla crisi, impostando nuovi importanti affari che prima non avrebbero facilmente potuto organizzare; i più deboli, già appesantiti, dai precedenti pesi fiscali e debitori potranno trovarsi irrimediabilmente fuori dal mercato del lavoro.
Non dimentichiamoci che il sistema delle rendite si è quadruplicato dopo le crisi finanziarie, con un nuovo gap tra i redditi dei dipendenti e del top management schizzato mediamente da 1 a 100 (prima del 2007) ad 1 a 414 (dopo il 2009) nelle principali holding multinazionali colpite proprio da quella crisi.
È dunque prevedibile che nei prossimi mesi cresceranno in modo significativo le domande di Reddito di Cittadinanza.
Come proposto da più soggetti, è quindi necessario ampliarne il Fondo in modo da allargare la platea dei beneficiari, favorendo ogni chance per un reale inserimento lavorativo che consenta un turn over tra i beneficiari della misura, puntando in particolare ad interventi sul cuneo fiscale del costo del lavoro ed alla sburocratizzazione delle pratiche. L’allargamento dei percettori del RdC può avvenire in due fasi. Nella prima, più legata all’attuale fase di emergenza, possono introdursi alcune deroghe alla misura (ad esempio utilizzo Isee corrente, revisione di alcuni parametri, etc.), che facilitino e velocizzino l’accoglimento delle nuove domande. Nella seconda, di lungo periodo, andrebbero superati i principali limiti del RdC (l’uso di una scala di equivalenza che penalizza le famiglie numerose e i minori e il vincolo dei 10 anni di residenza per gli stranieri) e introdotti alcuni correttivi che aiutino i beneficiari ad uscire dalla povertà attraverso percorsi di inclusione lavorativa in un’ottica di riconversione del modello
economico, da economia tradizionale ad economia civile.
Come è noto i beneficiari del RdC sono tenuti a firmare un Patto per il lavoro, o se non immediatamente attivabili ad un percorso lavorativo un Patto per l’inclusione sociale. Fermo restando che tutti gli utenti dovrebbero essere presi in carico dai servizi competenti per iniziare un percorso di inclusione multidisciplinare (le cause della povertà sono molteplici e tra loro concorrenti) si potrebbe introdurre accanto al Patto per il lavoro un “Patto per l’imprenditoria civile ”.
I Patti per l’Imprenditoria Civile
La cabina di regia di case management è costituita dalle famose 4 mani declinate dall’economista Leonardo Becchetti. Lo Stato, rappresentato dalle politiche sociali e del lavoro del Comune di riferimento, le imprese di economia civile presenti ed operanti sul territorio, il Terzo settore ed il cittadino beneficiario del Reddito di Cittadinanza siglano un Patto per avviare un percorso di inclusione sociale e lavorativo innovativo volto ad avviare nuove imprese sostenibili e responsabili o riconvertire imprese esistenti.
I progetti verranno selezionati in base ad una valutazione ex ante che terrà conto di una serie di parametri economici, temporali, qualitativi e potranno essere finanziati da più canali:
1. in parte con gli eventuali risparmi derivanti dalla differenza di quanto stanziato a favore del RdC nel 2018, 2019 e 2020 e quanto effettivamente erogato dall’Inps;
2. in parte con fondi privati, coinvolgendo ad esempio le fondazioni di comunità;
3. ricorrendo ad altri fondi previsti per l’incentivo ad attività imprenditoriali o libero professionali (es. le misure per l’imprenditorialità giovanile contemplate in “Resto al Sud” comprese all’interno del cosiddetto Decreto Mezzogiorno del 2016);
4. attraverso un uso sinergico degli strumenti previsti nel cosiddetto Decreto Liquidità con i dispositivi normativi per il contrasto all’indigenza ( ad esempio correlando una liquidità di 25.000 euro garantita dallo Stato con piano di ammortamento ritardato di
due anni per ogni pratica di patto per l’imprenditorialità civile);
5. inoltre si possono individuare strumenti di fiscalità agevolata per le imprese civili che siano generate da questi patti o dalle reti di impresa costitute a supporto delle stesse;
6. per stimolare la sostenibilità delle startup generate da questa misura sarà infine possibile prevedere l’istituzione di agevolazioni fiscali e normative sia per chi eroga servizi sia per chi ne usufruisce in determinate aree del Paese, in particolare il Sud, le aree montane ed interne ed i piccoli comuni.
Un nuovo ruolo per i Navigator
Il ruolo del Navigator, chiamato convenzionalmente a supportare gli operatori dei centri per l’impiego nella realizzazione di un percorso lavorativo che coinvolga i beneficiari del Reddito di Cittadinanza, con l’introduzione del “Patto per l’Imprenditoria Civile” acquista un nuovo profilo: da mediatore di domanda e offerta di lavoro assume le vesti di “animatore di comunità”. La sua mission specifica, soprattutto nelle aree a rischio di estinzione per decremento demografico ed abbandono progressivo delle terre e delle case, avrà il compito precipuo di essere un “case manager”, di coinvolgere e mettere in relazione tutti gli stakeholder, nazionali e locali, potenzialmente interessati alla riuscita del progetto.
Per fare un esempio concreto. In un territorio appenninico dove la popolazione colpita dalla crisi economica non supera i 5.000 abitanti per comune e le famiglie beneficiarie del Reddito di Cittadinanza sono meno di un centinaio, il navigator potrebbe costituire una cabina di regia tra Comune, scuola di economia civile, dirigenti afferenti all’Alleanza Centrale delle cooperative italiane ed associazioni di promozione sociale per l’economia civile come Next Onlus ed i patronati delle Acli. Insieme al beneficiario del RdC questi enti stilano un Patto in cui il beneficiario attingendo ad una liquidità di 25mila euro garantiti dallo Stato crea una piccola azienda incentrata sullo sviluppo locale nell’ottica della green economy, prendendo in gestione porzioni di bosco incolto per servizi ecosistemici e di manutenzione. Inoltre i patti per l’imprenditorialità dovranno servire anche alla cocostruzione di percorsi di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti sia durante la pena detentiva sia successivamente alla stessa.
La governance e i sistemi di misurazione
La governance sarà affidata al Comune che potrà ricorrere ad altri strumenti normativi vigenti: come l’assegnazione di beni confiscati alla criminalità organizzata, l’affidamento di terre incolte e di beni immobili in stato di abbandono, la cogestione ai sensi dell’art.55 del Codice del Terzo settore. Ogni progetto personalizzato sarà valutato con cadenza semestrale. I dati dei Patti per l’imprenditoria verranno raccolti all’interno degli indicatori di Bes e valutati secondo i sistemi della Finanza ad Impatto
e dello S-Roi.