Andiamo nella capitale ucraina per organizzare la 𝐦𝐚𝐫𝐜𝐢𝐚 𝐧𝐨𝐧𝐯𝐢𝐨𝐥𝐞𝐧𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝟏𝟏 𝐥𝐮𝐠𝐥𝐢𝐨 insieme alle organizzazioni non profit locali.
Abbiamo da sempre contestato tutte le guerre, soprattutto quelle in cui l’Italia è stata coinvolta negli ultimi venti anni, come l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, ma solo in pochi europei hanno potuto mettere piede nelle città colpite come Kabul, Baghdad o Tripoli.
Abbiamo da sempre rifiutato tutte le violenze perpetrate da regimi sanguinari e dittatoriali o da logiche di potere, come nelle regioni caucasiche invase da Putin, come gli eccidi in Siria, lo scempio umano che si commette in Yemen sotto gli occhi di tutti e nel silenzio globale.
Abbiamo da sempre chiesto che il terrorismo, che va perseguito in tutte le sue forme, non divenisse una nuova scusa per dividere il mondo in blocchi, tra regioni occidentali ed orientali.
Abbiamo chiesto in mille modi che le multinazionali lasciassero in pace il Sud del mondo e smettessero di sfruttarlo a proprio piacimento, lasciando spazio alla economia civile.
Abbiamo da sempre lottato perché la bilancia ambientale fosse rispettata e non depredata da consumi violenti e insostenibili delle società ricche.
Ma non abbiamo mai raggiunto le tante città violentate.
𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐚 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐥 𝐝𝐨𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐚𝐧𝐝𝐚𝐫𝐞 𝐚 𝐊𝐢𝐞𝐯? 𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐩𝐚𝐜𝐞 𝐬𝐞𝐦𝐛𝐫𝐚 𝐫𝐢𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐚𝐫𝐜𝐢 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐞 𝐟𝐢𝐧𝐨 𝐚 𝐟𝐚𝐫 𝐦𝐮𝐨𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐜𝐨𝐫𝐩𝐨 𝐟𝐢𝐧𝐨 𝐚 𝐝𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐥𝐚 𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐥𝐩𝐢𝐭𝐚?
Probabilmente perché la terra abitata è la stessa, si chiama Europa, e se noi comuni europei non portiamo ora la nostra solidarietà a Kiev dopo sarà troppo tardi. Tanti ucraini ci hanno ringraziato per essere stati solidali con l’invio di armi e per l’accoglienza dei profughi.
E i tanti secoli e i milioni di morti che ci abbiamo messo per costruire un continente politico orientato alla pace?
𝐂𝐡𝐢 𝐝𝐞𝐯𝐞 𝐟𝐚𝐫 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐫𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐯𝐨𝐜𝐞 𝐨𝐠𝐠𝐢 𝐢𝐧 𝐔𝐜𝐫𝐚𝐢𝐧𝐚?
Noi pensiamo che questo sia il ruolo della società civile, che non può essere delegato a nessun altro.
Non possiamo lasciare soli né i governi né gli eserciti a gestire, fare o far cessare la guerra.
𝐍𝐨𝐢 𝐝𝐨𝐛𝐛𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐜𝐢, 𝐨𝐫𝐚. 𝐀𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐞 𝐟𝐨𝐬𝐬𝐢𝐦𝐨 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐥𝐢𝐜𝐢 𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐝𝐢 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞 𝐝𝐢 𝐩𝐚𝐜𝐞.
La società civile europea è chiamata a fare ora la sua parte nel mondo che abita, stando accanto fisicamente agli ucraini, da lontano la solidarietà non si sente, si sente solo la potenza delle armi.
Questo è ciò che ho sentito dire alle mie gambe da quando è stata avviata l’aggressione della Russia all’Ucraina, mettere piede nella stanza della mia casa in cui la guerra è tornata e portare ogni idea possibile per allontanarla.
Ed ogni volta che parlo con gli ucraini per organizzare la manifestazione dell’11 luglio mi rendo conto che le mie gambe avevano ragione, non avrei potuto fare nulla se fossi rimasto nella mia stanza.
𝐈𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞𝐭𝐞𝐯𝐢, 𝐝𝐚𝐭𝐞 𝐫𝐞𝐭𝐭𝐚 𝐚𝐥 𝐯𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐜𝐨𝐫𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 !
𝐅𝐢𝐫𝐦𝐚𝐭𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐞𝐭𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐬𝐮 𝐜𝐡𝐚𝐧𝐠𝐞.𝐨𝐫𝐠; 𝐝𝐨𝐧𝐚𝐭𝐞 𝐬𝐮 www.produzionidalbasso.it
𝐂𝐡𝐢 𝐯𝐮𝐨𝐥𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐜𝐞 𝐝𝐞𝐯𝐞 𝐜𝐚𝐦𝐦𝐢𝐧𝐚𝐫𝐞!