Position Paper 6

RICONVERSIONE ECOLOGICA

CURATORI:

STEFANO CIAFANI | LORENZO BARUCCA | EDOARDO BARBAROSSA

Abbiamo bisogno di costruire modelli che partendo dal paradigma economico civile possano modificare il tessuto economico del territorio e avviare una conversione ecologica dell’economia. Un modello di sviluppo inclusivo, partecipato e sostenibile che discende da una tradizione di pensiero economico sviluppatasi in Italia nel Settecento, ma che affonda le sue radici nell’Umanesimo del XV secolo. Un modello che consenta a tutte le persone che compongono il corpo sociale nelle condizioni di
partecipare. L’obiettivo è cambiare l’attuale economia e dare un’anima a quella di domani. «Un’economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda» (Papa Francesco).

Contesto

Lo scenario oggi e in continua evoluzione ed ha già subito grandi cambiamenti a causa dell’emergenza Covid-19.
Solo per dare due esempi a livello internazionale e nazionale. Uno studio realizzato dall’Organizzazione del Lavoro (che riunisce i governi, i sindacati e le organizzazioni degli industriali di 187 Paesi) dimostra che la pandemia rischia di provocare la perdita di 25 milioni di posti di lavoro, andando ad aggravare un settore dove nel 2019 già si contavano 188 milioni di disoccupati nel mondo. Un numero superiore a quello che si verificò dopo la crisi economica del 2008 e che comportò una crescita dei disoccupati mondiali di 22 milioni di unità. Da un’indagine condotta all’inizio di marzo tra le micro e piccole imprese in Italia è emerso che il 72% delle 6.000 imprese intervistate è stato direttamente influenzato dalla situazione a causa di un calo della domanda o di problemi lungo la catena di fornitura e/o di trasporto/logistica. Un terzo degli intervistati ha stimato una diminuzione dei ricavi superiore al 15%, e un ulteriore 18% del 5-15%. Le aziende più colpite sono quelle del settore dei trasporti (98,9%) a causa del calo della domanda, quindi turismo (89,9%), moda (79,9%) e agroalimentare (77,7%). (Covid-19: Risposte di Policy per le Pmi- Aggiornato al 23 marzo 2020 – Ocse).

Earth Overshoot Day (Eod), in passato anche Ecological Debt Day (Edd), indica a livello illustrativo il giorno nel quale l’umanità consuma interamente le risorse prodotte dal pianeta nell’intero anno. Nel 2019 l’Earth Overshoot Day è caduto il 29 luglio. Sono attualmente consumate risorse pari a 1,7 volte la capacità rigenerativa annuale del pianeta Terra, mai così presto da quando negli anni ‘70 si è iniziato a calcolarlo. Si può stimare inoltre che procedendo di questo passo intorno al 2050 l’umanità consumerà ben il doppio di quanto la Terra produca.
La bioeconomia cresce di valore e peso complessivo: secondo il Rapporto Cen (il Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2020, realizzato da Enea e Cen-Circular Economy Network,) infatti, in Europa ha fatturato 2.300 miliardi di euro con 18 milioni di occupati nell’anno 2015. In Italia l’insieme delle attività connesse alla bioeconomia registra un fatturato di oltre 312 miliardi di euro e circa 1,9 milioni di persone impiegate (177 volte i dipendenti dell’Ilva). l’Italia si conferma tra i Paesi con maggiore valore economico generato per unità di consumo di materia.

Il raggiungimento degli obiettivi del pacchetto di direttive sull’economia circolare, secondo le stime della stessa Commissione europea, consentirebbe di creare 580mila posti di lavoro, con un risparmio annuo di 72 miliardi di euro per le imprese europee grazie ad un uso più efficiente delle risorse e quindi ad una riduzione delle importazioni di materie prime. I posti di lavoro inoltre potrebbero crescere fino a 867mila se, all’obiettivo del 70% di riciclaggio, si accompagnasse a livello europeo e nazionale, anche misure ambiziose per il riuso, in particolare nell’arredamento e nel settore tessile. Solo nel nostro Paese si possono creare almeno 190mila nuovi posti di lavoro, al netto dei posti persi a causa del superamento dell’attuale sistema produttivo. Secondo uno studio condotto dall’Università di Padova e Legambiente il 52% delle imprese intervistate che hanno investito nel settore dell’economia circolare ha incrementato l’occupazione e il numero di dipendenti al proprio interno. Sempre sull’occupazione, interessante anche questo raffronto: inceneritore 1 posto di lavoro, la discarica 6 posti di lavoro, riciclo 36 posti di lavoro, riuso 296 posti di lavoro. (Epa, 2002 — Dati Interreg progetto Surface — Cooperativa Insieme).
Il mercato energetico italiano è in crescita e con esso fatturato, ricavi e numero di occupati delle imprese che vi operano, secondo il nuovo Report del Centro Studi CoMar, il fatturato delle aziende dell’energia ha superato i 291,5 miliardi di euro nel 2018, in crescita del +9,2% sull’anno precedente. In questo scenario diviene strategico e determinante il settore delle fonti rinnovabili e dell’efficientamento energetico. Infatti il raggiungimento dell’obiettivo di -55% delle emissioni al 2030 nel nostro Paese è non solo necessario per gli impegni presi sul clima, e tecnicamente possibile, ma porterebbe benefici pari a 5,5 miliardi di euro all’anno e alla creazione di 2,7 milioni di posti di lavoro come dimostrato da una ricerca realizzata da Elemens per Legambiente.
Il valore aggiunto dell’agricoltura per l’insieme della Ue28 nel 2019 è stimato in 188,1 miliardi di euro. E l’Italia si conferma al primo posto con 31,9 miliardi di euro. Al tempo stesso ogni anno, solo in Italia, sono utilizzate 130.000 tonnellate di pesticidi. Il modello agricolo basato sull’agricoltura intensiva sta provocando innegabilmente una significativa perdita di fertilità e di sostanza organica
dei suoli (Ispra 2019). Al tempo stesso è in costante crescita il settore dell’agricoltura biologica con 2 milioni di ettari coltivati, il 15% della superficie agricola complessiva, 72.000 operatori coinvolti per un fatturato di 3 miliardi di euro l’anno. (Legambiente, appello per l’agricoltura biologica 2019).
La riconversione dell’Italia deve puntare su quelle realtà industriali, imprenditoriali ed economiche innovative, appassionate, di eccellenza che creano benefici ambientali e sociali costruendo processi economici generativi e non estrattivi.

Un potenziale economico enorme e un primato tutto italiano anche a livello internazionale che spesso però si scontra con burocrazia e normative che rallentano i processi e rendono tortuosa la strada da percorrere e purtroppo a volte arriva addirittura a costringere alcuni comparti a fermarsi del tutto o a delocalizzare in altri Paesi.
C’è poi l’Italia che sogna e costruisce un paradigma economico civile, studiando e approfondendo processi economici generativi, inclusivi e capaci di conciliare le  tematiche ambientali e sociali. Imprese, pubbliche amministrazioni, enti formativi e Terzo settore che innovano e costruiscono dando vita a distretti di economia civile per rispondere alle fragilità sociali, cogliendo le opportunità territoriali. Cittadinanza attiva che rischia e si impegna per riappropriarsi dei beni confiscati alla mafia o di spazi pubblici altrimenti abbandonati. Luoghi che così si animano e diventano presidi che sperimentano attivando, o tentando di farlo, filiere economiche in diversi settori. Cascine e casali che diventano centri di educazione ambientale, territori da difendere e valorizzare che vedono la realizzazione di festival sostenibili, stazioni non presenziate che diventano negozi di prodotti di filiera corta o punti per il cicloturismo. Percorsi concreti che riescono a mettere al centro dei territori la sostenibilità ambientale, umana, economica e sociale. Processi economici nati dal basso e che spesso sono dimenticati nelle politiche economiche nazionali.
Senza tralasciare, infine il mondo della Finanza, dove sempre più gli investimenti e i fondi si muovono secondo criteri etici e di sostenibilità. Nel mondo, gli investimenti Esg (Environmental, Social, Governance)– ispirati cioè alla compatibilità con i fattori ambientali, sociali e di corretta gestione d’impresa –, valgono oggi 30,7 trilioni di dollari, oltre un terzo del Pil globale (fonte Gsia).

Presupposti

Ecologia integrale
L’individuo come fulcro di società inclusive all’interno delle quali vivere in armonia con gli altri e con la natura, a prescindere dal proprio status, dalla propria provenienza e dalle proprie idee. Fondamentale in questo percorso appare il concetto di valore, da attribuire (o riattribuire) alle risorse, siano esse umane o ambientali, affinché si possano contenere gli effetti di un impoverimento generalizzato che caratterizza il nostro tempo, al contempo economico, relazionale e ambientale. Ripartire dagli ultimi per ripartire tutti.

Economia e lavoro
In questo percorso di risalita, centrali appaiono le politiche economiche e del lavoro. Puntare a innestare processi circolari nel mondo dell’economia e in quello delle imprese significa contaminare un ambito più ampio, rilanciando principi che puntano all’impatto sociale e non esclusivamente privato. Fondamentale lavorare sulle abitudini di consumo applicate a un’etica del lavoro che le imprese devono saper interpretare anche nel loro rapporto con i consumatori che vanno resi consapevoli e non complici di scelte dannose per l’ambiente e per la società. La sostenibilità deve essere un valore reale e non una moda e, per questo, occorre supportare le imprese che agiscono nel rispetto della natura e delle comunità sulle quali insistono e tassare quelle inquinanti o invasive. Fondamentale puntare al sostegno di settori specifici che nella fase post covid devono essere rilanciati: quelli legati a mobilità, transizione energetica (consumo e produzione di energia) turismo (uno dei settori più colpiti dall’emergenza Coronavirus) ed economia circolare in primis.

Digital divide
In un momento nel quale la tecnologia ha colmato, in qualche modo, le distanze tra individui, occorre ridurre il divario tra chi ha accesso alle tecnologie dell’informazione e chi ne è escluso, in modo parziale o totale. La tecnologia deve assumere una connotazione democratica, per poter avvicinare le persone, al di là delle distanze, per connettere centro e periferie, nord e sud e generare, al contempo, ricadute positive sull’ambiente consentendoci di rivedere il concetto di spostamento abbinato non più a uno status simbol ma al piacere della scoperta e a reali necessità.

Centralità delle Comunità e dei Territori
È fondamentale il rilancio delle Comunità e dei Territori, affinché ciascuno di essi possa esprimere pienamente potenzialità e specificità e promuovere il più possibile un concetto di sostenibilità rispettoso dell’ecosistema locale. In tale direzione, va presa in considerazione l’idea di un salario universale di base, per essere liberi di costruire nella propria comunità microeconomie che restituiscano dignità alle persone e che si prendono cura dei territori.

Obiettivi

1. inserire criteri di sostenibilità ambientale e sociale nelle politiche di Fiscalità pubblica. Da soli e in rete con altri, come il lavoro con Sbilanciamoci o con il Forum sulle disuguaglianze;
2. denunciare i modelli non sostenibili non solo ambientalmente, ma anche dal punto di vista etico e del rispetto dei lavoratori, i fenomeni di illegalità ambientale e le ecomafie;
3. creare distretti e presidi di economia civile. Abbiamo bisogno di costruire modelli replicabili sul territorio di economia civile, a partire dall’esperienza dei distretti e sviluppando nuove strategie per i nostri presidi e centri di educazione ambientale;
4. incidere sui criteri e sui processi che regolano oggi la Finanza etica e sostenibile per impedire che i fondi finiscano per supportare anche imprese non proprio green e al tempo stesso escludano chi ne avrebbe bisogno e meriti;
5. impegnarsi per la corretta e completa attuazione del Gpp (green public procurement), verso il settore della pubblica amministrazione e delle grandi imprese, per incrementare le filiere economiche connesse con l’economia circolare, e delle materie prime seconde;
6. raccogliere e valorizzare le startup e le esperienze innovative, anche grazie alla collaborazione con università enti di ricerca e con iniziative quali il Premio innovazione amica dell’ambiente;
7. diffondere politiche di sostenibilità ambientale all’interno delle aziende con azioni rivolte alle loro policy interne e verso i dipendenti, attraverso le attività di volontariato aziendale;
8. avviare politiche del lavoro e occupazionali efficaci e funzionali alla riconversione ecologica dell’economia attraverso l’interlocuzione con i sindacati e le associazioni di categoria.

Proposte

Econobonus e sismabonus. Premiare l’efficientamento energetico.

L’attuale aumento dell’incentivo fino al 110% non ha paragoni al mondo ma non è coniugato con la ridefinizione degli obiettivi di efficienza energetica. Si corre così il rischio che i vantaggi siano maggiori per le imprese piuttosto che per le famiglie, poiché non si possono prevedere alle condizioni attuali gli attesi risparmi in bolletta.
Per rilanciare davvero il settore chiediamo che siano premiati gli interventi davvero efficienti come l’installazione di impianti da fonti rinnovabili, la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, l’installazione di reti a banda larga e per le ricariche delle auto elettriche, la semplificazioni in materia di Via e partecipazione dei cittadini. Inoltre è necessario non solo agevolare la green economy ma anche attivare meccanismo di contenimenti della vecchia politica energetica: escludendo incentivi alle fonti fossili. Senza una chiara penalizzazione delle fonti fossili si corre il rischio di non sfruttare le occasioni che si andranno ad aprire nell’ambito anche della nuova programmazione europea.

Edilizia Scolastica

Chiediamo che questo tempo “extra” che ci ha “regalato” senza preavviso la pandemia debba essere immediatamente utilizzato per completare l’anagrafe dell’edilizia scolastica e accelerare diversi interventi. In particolare sarebbe importante utilizzare i mesi di chiusura delle scuole per realizzare indagini diagnostiche dei solai, l’adeguamento alla normativa antincendio, le verifiche di vulnerabilità sismica. La riapertura a settembre di edifici scolastici ancora pericolanti e insicuri, privi di un collaudo sismico e di una vera diagnosi statica, nel corso di una ripartenza così poderosa del Paese Italia, non avrebbe davvero scusa alcuna per essere giustificata.

Bonus mobilità

Il Bonus mobilità previsto nel Decreto Rilancio è certamente un passo importante per incentivare la conversione di una mobilità urbana più green, al tempo stesso non possiamo tacere che il bonus deve diventare strumento democratico per favorire il cambio di paradigma economico e dunque non può essere circoscritto ai soli contesti urbani. Chiediamo che il bonus mobilità sia esteso anche
ai residenti nei comuni con popolazione sotto ai 50mila abitanti, in un progetto di continuità con gli investimenti nelle piste ciclabili, per mettere in campo davvero una svolta nelle città, anche sbloccando le risorse per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni (Legge Realacci). Chiediamo di raddoppiare i chilometri di piste ciclabili (i progetti sono per 2.626 km da sommare ai 2.341 esistenti), realizzando 330,5 km di tram e 154 km di metropolitane.

Plastic Tax e strategia per il riciclo di mascherine e guanti in lattice

Il rinvio della plastic tax è un segnale pericoloso, soprattutto in un periodo storico in cui il consumo di manufatti usa e getta di plastica subirà un’impennata difficile da arginare, che richiede una strategia immediata. La nuova tassa varata con l’ultima legge di bilancio si applica solo ai prodotti usa e getta in plastica vergine e non a quelli realizzati con bioplastiche compostabili o materiali riciclati, e non penalizza il settore sanitario sui dispositivi medici e sul packaging dei prodotti farmaceutici. Riteniamo pertanto necessario proseguire il cammino della tassazione della plastica pur ritenendo che in un periodo di tale crisi economica si debba assolutamente utilizzare ogni accorgimento necessario per evitare che il peso della tassazione ricada sull’utente finale. Riteniamo inoltre pericoloso incentivare l’utilizzo di mascherine e guanti usa e getta a fronte della possibile offerta di mascherine e guanti sanificabili e riutilizzabili fino a 15 volte senza complicazioni particolari. È sotto gli occhi di tutti l’enorme produzione di rifiuti generata in queste settimane per i quali urge una risposta organizzata.

Incentivare il compost domestico e condomianiale

Dopo le esperienze di successo dei Comuni Rifiuti Zero ed alla luce della grave crisi che investirà la popolazione economicamente più fragile riteniamo assolutamente necessaria una legislazione nazionale che promuova gli sgravi tariffari per tutti i cittadini che collaborano nella riduzione dei rifiuti da smaltire. Oltre alle misure che sostengono il reddito dei cittadini a rischio di indigenza
dobbiamo definire ogni misura utile a far sì che i servizi pubblici efficienti connessi alla raccolta ed al riciclo dei rifiuti siano meno pagati da ci partecipa di più alla riduzione a monte dei rifiuti così da generare a cascata una riduzione del costo della vita.

Pagamento dei servizi ecosistemici

È sempre più evidente che l’impoverimento del capitale naturale è un costo. La novità dei Pes consiste nel riconoscimento, da parte della società, del ruolo svolto dagli ecosistemi e quindi dell’importanza del mantenimento delle loro funzioni anche attraverso strumenti di mercato.I servizi ecosistemici sono stati classificati nel Millenium Ecosystem Assessment delle Nazioni Unite, e poi ottimizzati nell’iniziativa della Commissione Europea chiamata Cices.
Oggi tale classificazione è diventata il riferimento per i sistemi nazionali di contabilità ambientale e per la mappatura dei servizi ecosistemici stessi. La classificazione Cices divide i Se in tre grandi categorie: i servizi di approvvigionamento (cibo, legname e acqua); i servizi di regolazione (controllo dell’erosione del suolo, purificazione dell’acqua, assorbimento dell’anidride carbonica); i servizi culturali (attività turistiche, ricreative, sportive e per l’appunto culturali). Alcuni esempi di questi Pes nel nostro Paese si possono rilevare negli interventi di manutenzione di aree naturali: pulizie, eliminazione di piante pericolose, piantagioni per la fissazione di Carbonio (le cosiddette “Kyoto forests”), creazione di aree pic-nic o punti di osservazione della fauna, percorsi attrezzati. Sono spesso interventi effettuati da gestori di aree forestali dietro pagamento di singole imprese o associazioni interessate ad un uso ricreativo, sportivo, educativo, culturale di aree naturali.Misure simili che hanno attivato forme di pagamento di Se sono quelle relative alle aree Natura 2000 e all’applicazione della Direttiva-quadro sulle acque (Misura 12) e i pagamenti per servizi agro-climo-ambientali (Misura 10). Gli esperti hanno fatto notare però che le procedure di funzionamento di questi“quasi-Pes” e il ridotto ammontare del pagamento ha fatto sì che l’applicazione è stata molto contenuta. I Pes sono stati formalmente introdotti nell’ordinamento giuridico italiano grazie all’articolo 70 del Collegato ambientale della Legge di Stabilità del 2015 (D.L. 28 dicembre 2015). Manca però a tutt’oggi il decreto attuativo, e quindi la legge non ha effetti concreti. L’articolo 70 di inquadramento della materia afferma che, tramite l’emanazione di uno o più decreti (mai arrivati), senza oneri aggiuntivi per lo Stato, “siano in ogni caso remunerati i seguenti servizi: fissazione del carbonio delle foreste e dell’arboricoltura da legno di proprietà demaniale, collettiva e privata; regimazione delle acque nei bacini montani; salvaguardia della biodiversità delle prestazioni ecosistemiche e delle qualità paesaggistiche; utilizzazione di proprietà demaniali e collettive per produzioni energetiche”. Se questa norma dovesse essere applicata alla lettera, non meno di un terzo del territorio nazionale dovrebbe essere oggetto di una serie diversificata di pagamenti, dal momento che la gran parte delle foreste italiane hanno, infatti, un ruolo positivo nella fissazione di anidride carbonica, nella regolazione del ciclo dell’acqua e nella tutela della stabilità dei suoli. Chiediamo che vengano emanati i Decreti Attuativi del Collegato Ambientale 2015 così da rendere finalmente operativa la legislazione in materia di Pes.

Sviluppo e difesa dei piccoli comuni 

Nonostante la grande novità legislativa rappresentata dalla legge Realacci , la n.158/2017 denominata nel suo progetto di legge “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali nonché deleghe al Governo per la riforma del sistema di governo delle medesime aree e per l’introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ambientali”, dobbiamo registrare che ad oggi ben poco è stato fatto per l’attuazione concreta della norma se non l’accordo fruttuoso con Poste Italiane. Nell’epoca dei distanziamenti sociali come forma preventiva di nuovi shock sanitari riteniamo doveroso riprendere il cammino attuativo della norma per la rivitalizazzione ed il neopoplamento dei borghi attraverso una agenda strategica che difenda i servizi economici, ambientali e di welfare del 70% dei comuni italiani. Chiediamo che il Governo elabori una prima vera strategia fino al 2023, come predisposto nella norma, per rilanciare la vitalità sociale dei picccoli comuni ed avviare lo studio per un prossimo sessennio di azioni di sviluppo contemperate nella legge (come ad esempio la protezione della filiera corta, la promozione dei centri multifunzionali per i servizi ambientali, la difesa dei cinema e delle edicole dei piccoli paesi ed altro).